Brevi riflessioni sull’impatto degli assetti geopolitici USA-Cina sul futuro dell’impresa di raccolta carta da recupero in Italia

La guerra commerciale tra USA e Cina, le restrizioni nelle politiche di export istituzionalizzate da quest’ultima nell’ultimo decennio, le ombre generate dalla pandemia di Covid-19, sono fattori che hanno avuto e continuano ad avere un ruolo centrale nelle dinamiche dei mercati interni e il futuro dell’industria nostrana; è pertanto necessario analizzare analiticamente tale fenomeno per comprendere le complessità, predire possibili sviluppi nel contesto sia internazionale che domestico e, ove possibile, tracciare potenziali soluzioni.

In primis, l’effetto del ‘primo’ lockdown in Italia ha ridotto la raccolta differenziata di carta e cartone con un calo pari al 3,2%, stima che con molta probabilità peggiorerà nel corso degli ultimi mesi del 2020 a causa delle nuove restrizioni messe in vigore sul territorio nazionale da parte del governo, specialmente in Lombardia e Piemonte. Nonostante nel Rapporto Unirima 2020 sull’Economia Circolare viene riportato che l’export è riuscito a tenere discretamente malgrado la pandemia, il problema strutturale delle restrizioni sull’importo di materiali riciclabili da parte della Cina e conseguente saturazione delle imprese del recupero in Europa è, tutt’oggi, un nodo centrale per il futuro economico e lavorativo delle nostre imprese.

Sappiamo bene che, fino al 2017, la Cina ha rappresentato il principale importatore di carta da macero globalmente, importando una cifra pari a 30 milioni di tonnellate di cui degli 8 milioni spediti dal continente europeo il 45% proveniva dall’Italia. Le restrizioni indicate dalla Cina includono divieti su una varietà di materiali, sulla possibilità di importare balle di materiale pressato e, in particolare modo, dei limiti di contaminazione talmente esigenti da rendere un imballaggio così ‘pulito’ impraticabile (l’ultimo vincolo è stato consegnato dalla Repubblica Popolare Cinese nel 2018 agli organi del WTO insieme ad una serie di nuovi regolamenti sulle barriere tecniche nel commercio tra nazioni). Il risultato è che 400mila tonnellate di carta da macero, proveniente in gran parte dagli USA, sono state dirottate sui nostri mercati (per l’Italia l’importo è del +16%) nonostante la capacità ricettiva delle cartiere italiane non sia aumentato in parallelo. Il tutto ha generato, inevitabilmente, una svalutazione delle quotazioni di portata non marginale.

In secundis, è rilevante sottolineare come la guerra commerciale tra USA e Cina preventivi possibili risoluzioni diplomatiche e legali per quanto riguarda la spedizione di materiali riciclabili in Cina. È ben noto come entrambi Paesi abbiano riscosso milioni di dollari di dazi sulle merci ed è difficile immaginarsi possibili dietrofront all’orizzonte. È pertanto ragionevole asserire che lo scontro geopolitico tra i due Paesi, ulteriormente polarizzato dalle politiche e le misure corporative della presidenza Trump, abbia colpito con rilevanza quei tessuti industriali già destabilizzati dalle crisi che, per modo di movimenti a tratti ciclici (vedi la crisi dei mutui subprime del 2008), hanno finora caratterizzato il XXI secolo della maggior parte delle imprese domestiche.

Prospettive risolutive si presentano, più che da un punto di vista strettamente politico-rappresentativo (con la vittoria elettorale del ticket Biden-Harris non vedremo radicali cambiamenti nelle relazioni tra USA e Cina – non un nuovo bilateralismo geopolitico ma, con più probabilità, una nuova stretta comune con i partners Occidentali nell’inesorabile confronto con il gigante asiatico), ma altresì sotto l’aspetto legale, istituzionale e operativo. Per esempio, l’adesione della Cina al WTO nel 2001 stabilisce che il paese osservi ‘che le stesse norme tecniche, le norme e le procedure di valutazione della conformità siano applicate ad entrambi sia ai prodotti importati sia a quelli domestici’, proprietà che non trova ottemperanza nei regolamenti commerciali cinesi. Benché citare la Cina in giudizio alla corte internazionale presentando con successo una richiesta di risarcimento con richiesta di adeguamento da parte della Cina delle proprie normative al requisito del trattamento nazionale potrebbe risultare controproducente (Colin Parts contende che tale azione deteriorerebbe ulteriormente le relazioni diplomatiche USA-Cina, deterrebbe serie implicazioni morali nelle politiche di salvaguardia del clima con possibile accusa di ‘imperialismo ambientale americano’, e esporrebbe gli USA a costi estremamente elevati), si otterrebbero facilmente evidenti benefici, come l’aumento dei profitti, il rimedio al ‘surplus’ americano nei nostri mercati e la riduzione dell’inquinamento. Le spedizioni di carta da macero degli Stati Uniti e dei Paesi europei potrebbero potenzialmente riguadagnare il loro valore in tempi relativamente brevi, il che potrebbe aumentare i profitti per molte aziende di riciclaggio de facto danneggiate dalle restrizioni. Un’altra soluzione auspicabile è, d’altro canto, incentivare l’aumento del potenziale di ricezione delle imprese europee per un più completo sviluppo delle infrastrutture di riciclaggio. Infatti, l’attuale eccesso di offerta di materiali riciclabili implica che i loro prezzi si siano relativamente abbassati, pertanto, i costi di avviamento per i nuovi impianti di riciclaggio potrebbero essere più bassi di quanto lo sarebbero in tempi normali.

Per finire, le aziende italiane che si occupano della raccolta e trattamento di materiali riciclabili come Dimocart S.r.l dovranno approfittare delle intenzioni governative di incentrare il Recovery Fund sulla green economy con operazioni dedicate al rinnovamento della struttura normativo-fiscale del nostro Paese. Lorenzo Poli, presidente di Assocarta, ha già sottolineato la necessità di implementare una nuova impiantistica al fine di recuperare gli scarti del riciclo. Contemplando possibili proposte in ottica Recovery Fund, il Dlgs n. 216 /2020, all’art. 198 bis offre idee degne di considerazione, tra queste: 1) la realizzazione di piani di settore riguardanti i rifiuti derivanti dal riciclo e dal recupero dei rifiuti stessi; 2) l’individuazione di flussi omogenei di rifiuti funzionali e strategici per l’economia circolare.

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